venerdì 8 giugno 2007

il cuore mio
























c'è stato un tempo in cui
ero convinta,
di essere condannata
ad un destino
malato
e non per mio volere
ma per fato
e invece quella sorte
me l'ero scelta io
pescando in mezzo
a
un mazzo di tragedie
(le più cupe)
che ricamai insieme a poche perle
come un vestito
che mi stesse a pelle

e come spesso avviene
quei ricami
io li ho tenuti addosso
molto a lungo
son diventati miei,
li ho rammendati
ed erano di fili addolorati.

perché di questa vita martoriata
sappiamo ricordare solo i drammi
le gioie vanno via come comete
e a ripassare ci mettono cent'anni.
questo pensavo,
ne ero assai convinta
e camminavo per il mondo astratta
mai più sentendo
in quella lontananza
l'amore che ti penetra a distanza

forse è accaduto in strada
forse in chiesa
forse ero stanca di girare in tondo
dentro me stessa
senza più riuscire
a trovare la via per il ritorno

quel giorno ho pianto
circa 100 litri
di lacrime salate e dopo ho visto
che quel vestito di ricami adorno
mi stava stretto
mi toglieva il fiato
e l'ho scucito e lì l'ho abbandonato
da qualche parte
non so bene dove
come fa con la muta il predatore
perché è giunto il momento di cambiare

così, signori miei, l'evoluzione
avanza anche se noi non lo vogliamo
e a volte è dolorosa perché pensi
che tu ci hai messo tanto a costruirti
a metterti i paletti, a definirti
a dire
"io sono fatto di frammenti"
oppure
"il mio è un brillar di luci intermittenti"

ma molte volte è una liberazione
riconoscere a se stessi di esser altro
rispetto a ciò che si è creduto un tempo
e questo non è segno d'incoerenza
anzi, semmai, è una presa di coscienza

del resto tutto scorre e noi cambiamo
e pure io
mi muovo proprio in quella direzione
che sì, si chiama morte ma ho scoperto
che non mi fa paura perché intanto
io proprio della morte me ne fotto
fosse stanotte oppure tra altre cento
voglio arrivare viva a quel momento

pensando al peggio quando sarà il tempo,
prendendo amore così come posso.

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