giovedì 31 gennaio 2008

in mancanza di fatti che dimostrino il contrario...



l'umanità
sta perdendo di senso
a una velocità spaventosa

mercoledì 30 gennaio 2008

sud


sono sempre figlia tua.

lunedì 28 gennaio 2008

unpolitically correct



quando troverai un'altra,
sarà bruttissima.
si, la troverai, e sarà bassissima.
una che a baciarti la bocca deve prendersi lo sgabello
ma a succhiarti il cazzo ci arriva giusta.
quando troverai un'altra,
avrà lo strabismo di venere accentuato,
e tu non saprai mai se sta guardando te o la campagna intorno.
presto troverai un'altra, e
forse userai le stesse parole che dicevi a me,
ma lei non le capirà, perché sarà completamente tonta,
sarà la a-neuronica dei tuoi sogni,
e tu potrai suonarle il cavaquinho
guardandola strabico negli occhi,
ma lei potrà soltanto ricambiarti
con quello sguardo offeso,
perché intanto è anche sorda,
terribilmente sorda,
e quella sera ha dimenticato l'amplifon a casa.
sicuramente troverai un'altra,
vuoi che uno come te non trovi subito un'altra?
la troverai, si, la troverai.
avrà una voce stridente che incanterà il serpente
quello tra le mutande, si capisce.
e sarà così bella nell'insieme
da essere orribile in ogni particolare
avrà braccia anoressiche e pelle polare
e tu ti chiederai come è possibile che possa accadere...
che ciò che appare nell'insieme di bella fattura
a guardarlo nei dettagli è macerie?
com'è?
com'è?


è la stessa cosa di quando stai sul tram e fissi un punto invisibile tutto il tempo e pensi a cose serie ma la maggior parte delle volte a cazzate, e ti perdi ti perdi in questo punto invisibile di cazzate eludendone pure il senso iniziale, pensi a cose tipo quanto è intenso quel rosso oppure che bello precipitare oppure quale coltello devo usare oppure stai buona bestia sto facendo l'amore, oppure ho le bollette da pagare oppure quale sia il mare più profondo in cui affogare......e finisci per bearti così a lungo, che dovevi scendere due fermate fa.

domenica 27 gennaio 2008

jazz (sono una figlia di paragnosta)



mollo il colpo
e me ne vado.
un anno e mezzo per capire
che le dinamiche tue
sono tre o quattro,
solo,
ripetute all'infinito...
e che,
di me,
non hai
capito
un
cazzo.

venerdì 25 gennaio 2008

abbraccia la croce



l'odore di zolfo
non è solamente il fiammifero
quando lo accendi

resta qua


ho più di un buon motivo
per credere
che
disponiamo di
energia sufficiente
ad azionare
sottili braccia
retrattili
le quali,
dirigendo al
polmone d'acciaio,
siano in grado di
avviare
il meccanismo
preposto a regolare
la fuoriuscita
dell'aria
dalla macchina,

(e allora tireremo
un sospiro di sollievo.
forse).

mercoledì 23 gennaio 2008

romanzo popolare



venuto prima di "romanzo criminale", "romanzo popolare" è un bel film di mario monicelli, girato nel 1974 e interpreto da ugo tognazzi, ornella muti, michele placido.
testi e musiche di enzo jannacci e beppe viola (uno dei pochi in grado di elevare il commento sportivo a esercizio di stile, quantomeno retorico).



Vincenzina davanti alla fabbrica,
Vincenzina il foulard non si mette più.
Una faccia davanti al cancello che si apre già.
Vincenzina hai guardato la fabbrica,
come se non c'è altro che fabbrica
e hai sentito anche odor di pulito
e la fatica è dentro là...
Zero a zero anche ieri 'sto Milan qui,
sto Rivera che ormai non mi segna più,
che tristezza, il padrone non c'ha neanche 'sti problemi qua.
Vincenzina davanti alla fabbrica,
Vincenzina vuol bene alla fabbrica,
e non sa che la vita giù in fabbrica
non c'è, se c'è com'è ?

lunedì 21 gennaio 2008

lux a n. y.



tu che puoi
che sai come fare
arriva a riscaldare dal di dentro
il loro cuore stanco ma non spento,
sorgi anzitempo
a smuovere il ghiaccio dal cemento
rilassa gli stomaci ulcerati
fai ritrovare il gusto
libera i pesci dall'acquario angusto
poi secca le ferite,
fai crescere i capelli
coi raggi tuoi di luce prolungata,
schiaccia gli scarafaggi nelle vene,
riscatta dalla febbre e dalle pene.

tu solo puoi far questo,
tu che non hai una voce,
eppure quando arrivi
è come udire
un rullo di tamburi sovrumano
che fa scappare i topi sottoterra
e richiamare gli angeli lontano.

domenica 20 gennaio 2008

pudicizia e disinganno (nella distanza di pietra il tuo sguardo eterno m'è dato)



il velo da cui guardo
mi lascia nuda,
ma pure se altri vedono,
rimango attraversabile da te,
da te soltanto.



tu sei di fronte a me,
e la tua rete è pesa.
le maglie elaborate che ti vestono
diventano di acciaio,
comprimono, schiacciandolo, lo spirito.
e vedo nello sguardo a me rivolto,
l'antichità di quella sofferenza.

ma per volere di un'arte o di un incanto,
davanti a me rinasci come nuovo,
esci dal mare, sorgi dalle acque,
e io che sono stata tua per poco
sarò per te per sempre,
così come mi vedi:
nuda all'altezza dei nostri occhi petri,
e puro tu, nell'atto di affrancarti.

sabato 19 gennaio 2008

l'inceneritore di napoli (alle città ferite)



domani,
sotto il vulcano,
prima che esploda,
tu dammi la mano.

mercoledì 16 gennaio 2008

il vento scava le montagne sollevando polvere di conchiglie che poi restituisce al mare


è ignoto alle più avanzate scoperte della fisica
come ti muovi tu dentro di me,
eppure...
quella è ritenuta scienza esatta,
e il tuo attraversarmi è cosa certa.

lunedì 14 gennaio 2008

caramel (scene da un film)


la prima volta che la vide entrare, notò nel suo viso qualcosa che accendeva, e si sentì di paglia
- desidera?
- uno shampoo.
le lavò la testa con la stessa devozione con cui la maddalena, durante la cena a casa di simone il fariseo, asciugò (con capelli certamente simili), i piedi a gesù.
massaggiò a lungo il capo.
si passava tra le dita le ciocche, accarezzandole; avanzava coi polpastrelli lungo le curve del suo cranio, scoprendolo perfetto. non riusciva a staccarne le mani.
lei stava con gli occhi chiusi e una espressione estatica sul viso che la faceva ancora più bella, se possibile.
ogni tanto sollevava le palpebre puntandole addosso due fari che erano come raggi X e l'altra in quei momenti non sapeva cosa fare, se non fingere indifferenza continuando a ungere di balsamo profumato i tentacoli di piovra corvina che sempre più sembravano risucchiarla in un vortice il quale, partendo dallo scarico del lavandino, finiva nelle profondità del mare, ove trovava lei vestita da sirena.
fu lo shampoo più lungo e accurato che si fosse mai visto in quel salone di bellezza di beirut.
i capelli rispondevano alle cure ricevute con docilità, e tutto l'ambiente ne risentì positivamente. il ficus poggiato sul trespolo e agonizzante da due mesi rinverdì, e il neon intermittente dell'insegna riprese a funzionare come doveva.

lei tornò ogni settimana, per molti anni ancora.

domenica 13 gennaio 2008

lettera di una statuetta d'avorio al suo elefante imbalsamato per celebrare i tempi che furono e quelli che li aspettano.


non dipende da chi frequento, ma da me: se pure una serata piacevole trascorsa tra amici lascia un buon ricordo, due a breve distanza già mi seccano, e tre faccio fatica a reggerle.
non valgono quanto la soddisfazione che regala all'anima mia mezza pagina scritta bene, o la disperazione di una giornata in cui le parole non vengono e dentro si forma un groppo che lì rimane fino a quando non trovo il modo di metterlo nero su bianco.
così non si vive, e facciamo del male a chi ci sta attorno...presenti/assenti, sempre con la mente altrove, e gli altri se ne accorgono.
tornare a casa a fare il topo davanti a uno schermo, questo è.

mi piacerebbe avere ambizioni come la maggior parte: un matrimonio, dei figli, una casa, le vacanze, preparare la cena, scegliere cosa guardare in tv, fare compere assieme...in fondo sono stata educata a questo.
ma nel momento stesso in cui lo penso, so che non mi toccherà in sorte, forse perché non ne sarei capace.
io sono la schiava di chi mi lascia libera.
la scrittura mi lascia libera.
tu, poi, non ne parliamo...

mi trovo a leggere le lettere di Flaubert a Louise Colet, e nelle corrispondenze c'è la sua poetica e il rapporto totalitario con la scrittura, prima che la relazione con la donna. lettere bellissime e veementi, molto dettagliate e in cui mi specchio.
ma, seppure la malattia sia la stessa, il punto di partenza suo è l'arte per l'arte, il mio sono gli uomini.
è loro che cerco di comprendere e descrivere: l'animo umano e i misteri che lo regolano. in una forma decente, certo, e guidata sempre dalla compassione (in senso etimologico) che regola l'amore, perché conosco dove arriva lo spiegamento della sua potenza, pure se romantica non sono.
eppure ho pochi scritti che possano definirsi in sé compiuti...
e mi addolora, perché penso che rincorro qualcosa di cui non sono capace.
ma sto sempre qui, come il calciatore agli allenamenti, consapevole che pure i più talentuosi devono perfezionare la tecnica, figuriamoci io; sto qui come il giardiniere che ogni giorno cura le piante per vederle belle e rigogliose; sto qui togliendo tempo al sonno e a chi mi vuole bene; sto qui come l'uomo di fede che sappia che, pure se incrollabile, questa quotidianamente va nutrita.

sento che senza Dio soprattutto sarei persa.
immagino che Dante pregasse prima di scrivere e chiedesse a quello di illuminarlo, e quello lo illuminava.
a me mi illumina talvolta.

vorrei soltanto addormentare gli impulsi e narcotizzare la carne.
non sentire la necessità di una carezza o di scosse fin dentro le viscere, abituarmi all'assenza di tenerezza.
anni trascorsi senza la presenza materica di un amore vicino e corrisposto, perché probabilmente non sarei capace di farmelo bastare.
e per questo, negate mi sono le attenzione che vengono elargite in abbondanza a un qualsiasi gatto domestico.
e mi viene da chiederGli perché mi abbia generata così carnale, così bisognosa di tangibile, se poi questo non mi è dato.

oggi è una giornata umida e non voglio uscire, ma di luce e aria avrei bisogno.
non quella irrespirabile di questa città.
vorrei venire a guardare la collina che guardi tu, le strade irregolari che la solcano, il verde che la ricopre.
vorrei starti accanto paga solo della vicinanza, tenerti la mano stretta da poterne ricordare la consistenza e il calore,
perdermi nei tuoi occhi come colui che dopo un lungo viaggio veda in lontananza profilarsi la meta e in quella apparizione trovi il senso della sua fatica, più che nel raggiungerla.
vorrei baciarti di un bacio lungo che ci veda fusi rotolare all'incontrario, e dopo andare via, come è scritto nelle cose, consapevole che è questo allontanarci, ciò che non ci farà perdere. pure se non è detto, amore mio.

sabato 12 gennaio 2008

la sottigliezza della tua pelle candida a confronto con la mia...



le pareti di questa stanza
trasudano
il sangue che non ti hanno lavato
dalle labbra.

io devo scoprire a una a una le tue ferite
prima di passarci la bocca,
e questo richiede tempo e dedizione.

e allora c'è prima il dolore e poi il piacere...
ma solo perché il piacere è più profondo.

alma mater


La Madonna del Rosario è una statua lignea della fine dell’ottocento raffigurante la madre con in braccio il bambino. Entrambi porgono le mani e tra le dita hanno i rosari. Il bambino è quasi nudo. La Madonna invece indossa un bellissimo mantello di broccato, oro dentro e azzurro stellato fuori, double-face, probabilmente. Giovanna è inginocchiata ai suoi piedi. Accende una candela e la pone alla sua vista. Non dice niente, ma quella comprende lo stesso.
Le capita di piangere. Quando lo fa, è buon segno, perché vuol dire che il dolore diventa acqua salina e poi vapore, e non rimane dentro a fare il cancro.
La Madonna, d’altro canto, esalando la sua grazie mite di sovrana indiscussa della volta celeste, riesce a guardare Giovanna dritta negli occhi anche da quella posizione di piedistallo, e le due conversano così, a sguardi e trasmissione di pensiero, circa tre volte a settimana.

venerdì 11 gennaio 2008

e finalmente, come volevi tu, sto impazzendo, amore mio.


le parole sono:

"Caro amore,
mi accetti o no come tuo modesto compagno per sempre?
In ogni caso perdona tesoro.
Voglio rivederti.
E basta colla inutile sofferenza ora e poi. (...)".

Dino a Sibilla, 21 marzo 1917

lui non amò mai più.
lei , poiché gli sopravvisse a lungo, fece finta.

giovedì 10 gennaio 2008

il finto felice


il finto felice non è un pessimista.
lui crede sinceramente alla felicità, ma a quella degli altri.
riguardo alla sua, ci ha messo una pietra sopra.
non da subito, certo. per un po' ci ha provato a cercarla...magari per anni.
ma è successo sempre qualcosa che lo ha fatto ricredere, e allora il finto/felice si è convinto che è meglio ignorarla e fare finta di niente, ché tanto per lui non è cosa.
il finto/felice è sempre molto simpatico quando sta con gli altri.
lui pensa che non sia giusto ammorbare la gente coi propri problemi e allora ha allenato i muscoli facciali che all'uopo prendono la forma che si confà a un felice.
per un poco si diverte e diverte.
ma essendo un finto/felice non riesce a reggere a lungo in quella posa per lui insolita, così si ritira nella sua tana (tutti i finti/felici hanno una tana) dove può assecondare la sua natura e tornare a esser serio e pensoso, stato d'animo che più si confà a un finto/felice.
a guardarlo negli occhi, nel profondo più fondo, il finto/felice si vede che felice non è...ma lo maschera bene, e non tutti sono in grado di accorgersene.
alla maggior parte della gente, il finto/felice la dà a bere.
"davvero brillante il felice". "si, una gran bella persona....lo invitiamo di nuovo?" " ma certo!"
e il finto/felice quando sente così ha voglia di scapparsene a gambe levate "lontano, signori, lontano...forse non mi rivedrete più".
ha indole solitaria, ma ogni tanto un finto/felice incontra un altro finto/felice, e allora entrambi tirano un sospiro di sollievo, ché per una volta non hanno bisogno di fingere, perché si riconoscono dallo sguardo e senza parlare.
magari si piacciono, ma stanno sempre sul chi va là e pronti ad andarsene, che alla felicità, l'ho già detto, ci hanno messo una pietra sopra.
ma proprio perché hanno poco o niente da perdere, ma per fortuna qualcosa in cui, per istinto, credere, ci sono casi in cui rimangono vicini pure se a distanza di sicurezza.
allora si crea quello strano legame per cui due finti/felici insieme fanno una mezza felicità, che non essendo felicità piena, entrambi trovano tollerabile, e quindi se la fanno bastare, finendo così per essere felici pure se sono mezzi felici.
l'importante è che non ne abbiano consapevolezza, o potrebbero scappare, non per cattiveria, ma perché la felicità, a loro, non gli ha mai portato bene.

chiara o il mandorlo in fiore



chiara somiglia a un mandorlo in fiore.
come l'albero, è bello a vedersi e profuma.
come l'albero, resiste all'inverno e protegge le gemme
come sa e come riesce, e lo fa per i frutti.
come l'albero, chiara sorride.
e non sempre è un sorriso felice.
a volte è un sorriso che se la racconta...
qualcosa che dica
che esiste un pezzetto di cielo per ognuno di noi,
ed è quello che importa trovare.
chiara ha giorni di allegra famiglia felice
e attenzioni per tutti
ma non tutti sono attenti a lei,
così chiara provvede da sola
e se piange lo fa di nascosto,
non la vede nessuno,
ma se inciampa sa come rialzarsi.
chiara sa che il coraggio
non sta nell'eroe che combatte la guerra,
ma che serve coraggio a trovare ogni giorno
qualcosa di buono.
come l'albero, chiara lo fa...

nascosta



arriveranno carezze
sulle tempie stanche
e nelle mani fredde passerà la vita.

tra queste pareti immobili
tutto sembra immutabile
ma basta un niente,
basta un niente...

la pietra ha disegnato un profilo
che riconosco
e il suono della tua voce
accende nelle orecchie
un blues
che morde e sazia...

io e te,
a chiedere la carità alla vita,
io e te,
eterni debitori di felicità a cottimo...
ci componiamo di pezzi
raccolti per strada
da un pazzo che si crede dio
e forse lo è.

allora tu, se vuoi,
fai pure per abbandonarmi,
ma poi nascondimi nei tuoi stivali.

a me mi basta.

mercoledì 9 gennaio 2008

confessioni di un impiegato


è di notte che un poco mi placo.
è di notte, a quest'ora, che i pensieri si tendono da contratti che erano, e così la fronte.
perciò aspetto per tutto il giorno la sera, e cerco di farla durare il più possibile, e finisce che vado a letto tardi che non so nemmeno che ore sono e dormo il minimo e capita che mi svegli di soprassalto come se avessi appena finito di fare qualcosa tipo combattere una battaglia o conversare con un fantasma, o magari entrambe le cose.
sono anni che avverto fatica di vivere senza che ci sia un reale motivo.
sono anni che ho perso l'allegria e anche qualcos'altro.
domani mi sveglierò alla solita ora e inizierò il rituale che mi porterà a fare quello che devo fare, ma quello che vorrei è scrivere e amare.

scrivere, e amare.

martedì 8 gennaio 2008

8 gennaio 1921




gennaio è dunque mese di compleanni importanti.
quest'uomo ha contribuito al formarsi della mia coscienza.
quest'uomo per primo mi ha fatto capire che la letteratura non è fine a se stessa e non è soltanto parole.

Sciascia, a proposito del termine adorabile:

“Può darsi che questa parola io l’abbia qualche volta scritta, e sicuramente più volte l’ho pensata: ma per una sola donna e per un solo scrittore”.

Ecco, essere capaci di tanta fedeltà...

domenica 6 gennaio 2008

Dei pericoli che si corrono ad avere un cuore di ciliegia sciroppata in grappa d'Arneis



"Ammesso e non concesso che tu sia in grado di amare, non sono le mie parole quelle che vuoi sentirti dire...".
Uno spirito già indebolito dagli eventi o turbato dalle emozioni che la vita sottopone a ciascuno, potrebbe risultare scosso da una verità non detta ma solo intuita e, per questo, compresa a proprio modo e quindi inappellabile, poiché gli viene negata la possibilità di un confronto o di un appiglio.
Ella quindi, non avendo ottenuto confutazione nè conferma ai suoi timori, si sentiva scivolare nel lavandino senza che questa sensazione la aiutasse a diluire i sentimenti.
Doveva essere simile quello che si prova ad arrampicarsi sugli specchi o ad affogare.
Di solito l'arrivo della sera gli placava pensieri di tal fatta ma quella notte sapeva che avrebbe dovuto tenersi il suo tormento accanto sul cuscino, e preferiva farlo da un altra parte che non fosse il proprio letto.
Così fece le valigie molto prima che il taxi passasse a prenderla e sul tavolo lasciò un biglietto con su scritto: "arrivederci".
Avvalorava, con questa parola, la sua teoria che la vita fosse un cerchio in continuo divenire e che qualora finisse non finiva veramente, anzi da cerchio andava trasformandosi in spirali confluenti verso l'alto o verso il basso non importa, ché tanto tutto quello che c'è fuori dal conosciuto è buio all'apparenza, lei pensava, ed è solo accettando il rischio occorso a penetrarlo, questo buio, che si giunge alla verità, e in qualche caso anche ai colori.
Inoltre erano giorni in cui il passato tornava a galla tutto insieme, e l'uomo che per primo le aveva dedicato una poesia (in cui la paragonava a un rubinetto che colava), aveva appena pubblicato le concordanze nei testi di Christina Rossetti e lei si ricordò di colpo di quanto l'avesse amata, la Rossetti ma anche lei, e forse quello ci aveva visto lungo se la sensazione, pure stasera, era di qualcosa di lei che da un verso fuoriusciva e chissà dove se ne andava.
Il tassista era un ex camionista di 70 anni passato a miglior vita grazie a una mercedes dei primi anni novanta che guidava come se guidasse una carrozza e infatti si beccò deliberatamente tutti i semafori rossi, anzi rallentava quando vedeva che era ancora verde, ed ella potè, per il tempo che durò il tragitto, illudersi di essere Madame Bovary sull'Hirondelle e sentire il rumore che fanno i cerchi delle ruote sull'acciottolato e un groppo salire in gola all'idea che avesse appena lasciato Leon a Rouen.
In preda a queste digressioni, decise che proprio a Rouen sarebbe andata.
Del resto, quella era pure la città dove Jeanne d'Arc fu arsa viva, ma prima, come racconta un poeta, Giovanna e il Fuoco vissero una cocente, è il caso di dirlo, storia d'amore, culminata in questi versi:
"E fu dal profondo del suo cuore rovente
che lui prese Giovanna e la colpì nel segno
e lei capì chiaramente
che se lui era il Fuoco lei doveva essere il Legno"
Anche lei si era sentita legno, solo che il fuoco era fatuo, e ripensò a questo con dolore.
Rouen è in quel nord della Francia che si chiama Normandie e che evoca uno sbarco complicato e un cimitero americano di tombe bianche e tutte uguali. "Saranno zone battute dal vento gelido del nord e io di quello ho bisogno, di qualcosa che raffreddi...."
Così scese alla stazione e prese, per raggiungere Flaubert, un euronight che si chiamava Stendhal, e pensò a quanto il fato fosse dotato di senso dell'umorismo, ma questa fu l'ultima riflessione di cui siamo a conoscenza, portata a conclusione dalla nostra esattamente due secondi prima che il treno deragliasse.
Nel medesimo istante, chiuso nel suo studio, lui stava trastullando i suoi neuroni con una riflessione ispirata da Céline, e fu questa comunanza di panorama letterario francese, ad unirli per l'ultima volta.

sembra un angelo caduto dal cielo



- eppure dovresti saperlo che certe cazzate non si fanno. è SEMPRE sbagliato mettersi a nudo in amore.
- ma non sono pentita...
- e allora non venire a lamentarti e tieniti il tuo dolore.
- me lo tengo, si.

elegia



si oggi è il compleanno di celentano e la rai gli concede tributi ma per me oggi è soprattutto il compleanno di questo geniaccio di 71 anni schivo e taciturno e quindi è sottovoce che gli dico...Auguri!

(la canzone, una tra molte memorabili, non è scelta a caso)

Avevo una passione per la musica
di ruggine
nerastra tinta a caldo di caligine
metropoli
le tentazioni andavano e venivano
cosa farò di me?

guidavo nella notte ferma immobile
friabile
venivo da una valle dove annuvola
nell'umido
sentivo sulle spalle un bel solletico
tu cosa vuoi da me?

lasciando alla mia infanzia
ogni ingenuità sensibile
l'amore è uno stregone un fuoco
isterico magnifico
carezza di una mano che semplifica
cosa sarà di me?

l'abbraccio adulto in un silenzio
scenico visibile
l'incendio è la stagione
delle tenebre bellissime
avevi fatto in aria un incantesimo
tu cosa sei per me...

perché la magia riesca



...è come se
la fata turchina
avesse posato
la bacchetta
sul mio maglione verde,
dimentica del fatto
che deve toccare,
con le punte della
stella luminosa,
pure te...

sabato 5 gennaio 2008

prima il dolore e poi il piacere

oggi è così che funziona.

venerdì 4 gennaio 2008

bene? (finché ti sposi ti passa).



forse farei meglio a preparare l'ennesima valigia della mia vita anziché scriverne e ripiegare insieme ai vestiti quei sentimenti contrastanti che ogni volta mi spingono a partire e ritornare e sperare che domani arrivi e soprattutto passi presto.
forse le parole che ti dico sarebbero più adatte a una sceneggiatura perché tu le trovi esagerate ma non la penseresti così se fossero rappresentate.
forse quello che vorrei è che tu mi amassi per quella che sono ma tu forse nemmeno mi vedi o probabilmente pretendere questo da qualcuno è chiedere troppo e del resto se non ci riesce neanche mia madre vuol dire che i cuori fanno fatica ad accogliere veramente ma il mio ci prova.
forse è stato quello che ha scritto g. sulla tribù ad averti ricondotto alla tua di appartenza ma non mi sembra di avere mai fatto nulla per allontanartene.
forse non è un caso che sia schiva e solitaria anche se non si direbbe.
forse è troppo tempo che cammino da sola ma la prospettiva di continuare a farlo non mi spaventa.
forse non hai scelto il giorno migliore per esprimere i tuoi dubbi perché prima che me li manifestassi camminavo a un palmo dalla strada e poi sono precipitata e la caduta è stata resa rovinosa non tanto dall'altezza quanto dall'asfalto scivoloso e adesso ho la guancia sfregiata ma mi solleva la certezza che pure se non mi sposi, mi passa.

m(ul)ulo



in un orto dietro casa mia, in pieno paese, tengono un mulo.
non so se lo fanno uscire o sta legato per la maggior parte del tempo.
lo spazio che ha a disposizione non è molto, a giudicare da quello che si vede quando mi affaccio sul terrazzo che domina una parte dei cortili circostanti.
l'asino, ogni notte, raglia. e i suoi versi sembrano i lamenti di una persona che stia subendo una violenza o espiando un dolore con le grida.
rispondono al suo parlare solo i gatti, e i cani.

mercoledì 2 gennaio 2008

im potenza



un uomo di 40 anni che conosco è impazzito perché non ha l'amore e nemmeno un lavoro stabile. lui è un avvocato ma non ce l'ha fatta a farsi crescere il pelo sullo stomaco necessario agli avvocati e allora da firenze si è trasferito e ha scelto di vivere al mare vicino alla centrale di cerano e di andare per i campi di carciofi o di viti o di ulivi, che qui non c'è altro, a fare i rilievi perimetrali per il catasto, con la scusa di aiutare il cognato che era il vero titolare dell'incarico e lo pagava in nero.
ma nemmeno questo lavoro è andato a buon fine.
quindi dal nulla, dopo vari tentativi di stabilità e qualche migliaio di pacchi di sigarette fumati e utilizzati successivamente per fare sculture geometriche a ricordo di ciò che è andato in fumo e di ciò che è rimasto, gli è venuta una crisi nervosa e l'hanno ricoverato nel reparto di psichiatria di un ospedale, pure quello vicino alla centrale a carbone.
dicono che abbia maledetto se stesso per essere figlio di suo padre, e che nessuno degli affetti a lui cari, in quei momenti, abbia potuto fare qualcosa per lui.

martedì 1 gennaio 2008

scaffali



dove portano gli anni,
dove portano le distanze
e le persone,
dove portano le emozioni,
dove portano le città
...
dove portano le parole,
che forme può assumere l'amore,
se tu mi racconti come sorge il sole
io posso vederlo anche se non c'è
...
io vado ma non so dove andare
eppure
qui è dove possiamo stare
tutti stretti in girotondo,
e in mezzo teniamo
chi ha più bisogno,
e lo scaldiamo
con il fiato
e le armature mezze rotte,
perché
l'unione
è più forte della notte
e
l'amicizia
attraversa gli oceani e
certe volte, guarisce la malasorte...
auguri a tutti,
a chi guarda dall'alto
e a chi guarda dal basso.
ai vivi e ai morti
ai perpetui e sempiterni
alle parole dolci
ai concetti difficili
alle ali spezzate
ai talenti riconosciuti
al sacro fuoco
alle cose comprese in ritardo
e a quelle capite in anticipo,
a chi ci crede
e all'alba di domani.
auguri a tutti voi.

fiat lux



il primo dell'anno
duemilaeotto
si svolse sotto un tendone
da circo
con un palco
al posto della gabbia
e le tigri
che suonavano la tromba.

sopravvissuta e dinamitarda,
soprattutto dinamitarda.
ho corrente elettrica
che passa per fili
nascosti sottopelle.
si chiama "acceso desiderio".
la produciamo io
e l'amico mio
e abbiamo testato
che trasmette fino a
migliaia di km lontano.