martedì 17 giugno 2008

alla cieca


io ti cerco, amore mio,
nella tua dignità di persona
ti cerco nel rispetto e nei tuoi tentativi di migliorarti come essere umano
ti cerco per le strade, ma non troppo,
perché non mi va di guardare e poi so
che se mi passassi accanto
ci riconosceremmo ma ancora
non è successo
amore mio ti cerco nel buio delle mie serate
nei cocktail e nei pianti che mi faccio
al buio del cinema
ti cerco negli sguardi persi che maschero con un sorriso
e nelle durezza del mio volto
ti cerco amore mio
nelle carezze che ci faremo
nell'averti accanto sul divano
nelle bugie che non mi racconterai
nell tuo coraggio
ti cerco, amore,
mio
ti cerco.

sabato 14 giugno 2008

a lavare (o la pioggia di giugno).




un uomo cammina da solo per strada.
inciampa, qualcuno gli offre una mano,
lui prende, fa per alzarsi, poi la stacca a morsi
sangue tendini vene recise...a morsi
è rimasto il segno dei denti e lo strappo.

ma non la fa apposta
no
non la fa apposta
lui è fatto così.

una volta arrivarono quelli vestiti di bianco
a prenderlo e lui stava buono
non era capace di morsi quel giorno
o forse capiva di essere senza uno scampo
se ne stava in un angolo
buono
zitto
in un angolo
"è stanco, avvocato?"
gli chiese la pubblica accusa al processo...
"ho fame", rispose.

a vederlo com'era io non potei che amarlo
ma questo significa morte e morte sicura
a vederlo com'è capisci la sua natura
e non basta leccare e baciare
non basta ci vuole dell'altro
"pregare e implorare?"
"deflagrarsi, se fosse possibile, grazie".

alla mano mangiata non è mai stata data
la possibilità di parlare
"avvocato, mi vuole spiegare?"
"non c'è niente da dire".
"lei crede?"
"ne sono sicuro".
"ma in quel punto, lo sa, si è rotto qualcosa...!"
"lei era stata avvisata..."

a quel polso non resta nemmeno la beffa del danno
ma del resto si sa che un carnefice non è mai solo quello.
"è sicuro, signore?"
"ne sono la prova vivente".
"e allora ha strappato le vene per quale motivo?"
"mi è sembrato cadessero a ciocche".

mercoledì 28 maggio 2008

come un cieco nella luce
brancolo con il bastone

sabato 10 maggio 2008

le parole con te
sono ellissi

mercoledì 23 aprile 2008

le fleurs du mal


che mi rimane?
migliaia di parole e sentimento lasciato a mollo,
più un lavaggio del cervello,
con te.
invece,
senza te,
mi sembra d'impazzire

ho sognato tutto il tempo
ma si è mosso un esercito a svegliarmi
c'è voluto un esercito
perché, fosse stato per me,
io sarei rimasta dove stavo, tutto il tempo...
quel posto me l'ero scelto
non mi serviva altro
ero felice così:
vivevo di poesie, tra l'altro nemmeno mie,
scritte per me, intendo....
ma non lo sapevo e mi bastava.
non facevo male a nessuno, mi sembrava,
isola felice tra vita fatta di niente,
un corroborante...

la primavera incalza e arranca e sguiscia serpente,
ma non la sento...
a malapena me ne accorgo, dei colori.
RIDAMMI I MIEI FIORI!!!
(solo tu me li puoi dare...)

domenica 20 aprile 2008

the absolute

ci sono cose a cui non arrivo io,
ma ci arriva Dio.

senza titolo

adesso che parlo con tutti
e guardo negli occhi
e vedo le vite degli altri
sei sempre tu
sempre tu, maledetto, che mi manchi.

che è come stare sulle nuvole o forse dentro a un
barattolo di vetro pieno di melassa viscida, con te.
così mi libero,
ammesso che mai ci sia riuscita
la mosca invischiata,
e tu intanto attraversa ettolitri di pece
senza arrivare mai a capire che
vanno protetti i luoghi circoscritti e le analisi del periodo,
i miracoli come le giunture lese.
poi
voltati un attimo e accarezza le persiane oltre le quali, vedi,
ci sono io che batto e batto la testa per entrare.

mercoledì 16 aprile 2008

alle vittime

la poesia si fa col sangue.
si. col sangue.
con il proprio.
non con quello degli altri

non a spese degli altri, come fai tu.

se di questo amore cieco
sapessi che fartene
io, non credere, è qui che rimarrei.
se tu fossi in grado di prendertene cura e di guidarlo
in mezzo alla folla e ai marciapiedi alti,
io, non credere, è qui che rimarrei.

anche dopo che il cazzo tuo malato di mestizia e di vecchiaia
non sarà più capace di procurarsi un'erezione
io rimarrei.

ma non ti basta.

ancora un'erezione, signori, ancora un'erezione
regalate al poeta un'erezione
non dico una eiaculazione,
sarebbe troppo e non è cosa di tutti
ma almeno
che il cazzo si indurisca
così lui lo usa al posto del pennino
intinge nell'umore delle vittime e poi scrive
senza sapere
che ha tolto linfa necessaria
per puro, sadico, piacere.

a questo mondo

il sangue,
il sangue altrui
si lava a parole
con leccate di lingua
e stracci e spazzoloni
e schiena curva sopra gli interstizi del pavimento
a non lasciare traccia di chi è stato.
l'ingiustizia.

martedì 15 aprile 2008

del perché il triangolo viene dato in dotazione con l'automobile



è un attimo
passare dalla donna in fiamme
alla donna in panne.

mercoledì 2 aprile 2008

cuiusque (o per chi se la sente...)



io posso scomparire nel nulla in qualsiasi momento.
posso andarmene da dove sono arrivata.
non ho fame di gloria né sete di potere o di ricchezze, o sogni a cui credere, o problemi a farmi notare o a farmi dimenticare.
posseggo poco, e ho poco da perdere.
non mi sento particolarmente partecipe al contingente.
per quanto ne so, può essere pure che mi stia illudendo di esistere. oppure esisto, ma vivo dimensioni parallele in infinite vie lattee...
sono così poco legata al tangibile, che potrei chiudere in qualsiasi momento i rapporti tra me e la res extensa, risolvendo la parte malinconica in un mezzo sorrisoamaro che mi porterei stampato in faccia per l'eternità.
ma tutto questo incantato castello di perfetta autosufficienza crolla davanti al punto debole: mi piacciono gli altri.
a volte tutti gli altri. a volte, solo alcuni.
e poiché mi è dato di percepire in modo netto solo hic et nunc - qui e adesso che vuol dire con voi, siate angeli miei o mefisti sotto mentite spoglie - cerco di applicare poche, imprescindibili regole, al con-vivere civile.
tra tutte, quella che mi preme di più seguire, riguarda il rispetto.
al rispetto tengo molto per due motivi:
il primo è che, per me, vale il detto che devi rispettare se vuoi essere rispettato, come vale il suo opposto.
il secondo motivo è di ordine prudenziale: avvicinarsi con rispetto a una persona significa cercare di capire chi hai di fronte a passi piccoli.
ci vuole tempo e dedizione per comprendere, e non sai mai cosa puoi trovarti davanti...
io stessa che faccio la gatta sul tetto che scotta......fossi invece la zoccola che la gatta vuole attaccare?
oppure sono la tigre, che si mangia la gatta e la zoccola.?
chi lo sa...
posso dirvi che mi muovo sola e disarmata.
finora, per motivi occulti e grazie intercedute, è sempre andata bene.
vediamo se prosegue, altrimenti...andrà come deve andare.

lunedì 31 marzo 2008

logorrea

uno dovrebbe capire quanto l'esigenza di farsi ascoltare diventa una malattia, e curarla.

troppa merda


la rete fognaria della terra
ha i canali di scolo intasati

(ma c'è sempre
qualche spurgo
in cui sperare).

sabato 29 marzo 2008

ai giorni di grazia



oltre che un omaggio a domenico modugno, cresciuto a 7 km da qui, in questa terra battuta dalla primavera che mi accingo a lasciare a malincuore, la canzone è dedicata a vanessa, christian, mimmo e me.
perchè? il motivo è segreto e...meraviglioso:-)

sabato 22 marzo 2008

la primavera fa rumore di rami spezzati su cui spuntano gemme che daranno frutti diversi, in specie a noi



so che
sali sempre quelle scale,
di corsa o a passo lento
con le mani occupate
da una borsa
o scese lungo i fianchi.

so i gesti quotidiani
ripetuti,
il caffè del mattino
cercare le chiavi della macchina,
un parcheggio vicino,
aprire la portiera a qualcuno...

so che devi stare dove le tue dita
elargiscono carezze
e io pure
vado altrove, ma nel mio caso
non ho fretta...
non c'è nessuno che mi aspetta.

considero la pelle
un tessuto in prestito
ma con te, a dire il vero,
nemmeno mi è servita,
perché siamo stati
in luoghi che
ricordano
l'esistenza prenatale,
dove non c'è bisogno di toccare...

e in questo accompagnarsi per le strade di nascosto
tu sei stato quello che più mi ha dato gusto
sei quello in cui mi riconosco.
sei stato mani che rispondono all'appello
sei così...

impossibilitati




parole di cenere
uscivano dalla sua bocca,
parole buone per cospargersi il capo...
gesto inutile:
mancava il peccato.

tema del soldato eterno e degli aironi (è troppo grande il cielo per capirlo al volo)




è così:
niente a fendere
niente a difendere,
senzAmore

venerdì 21 marzo 2008



incantala
con le parole...
sussurra all'orecchio della tigre
qualcosa che la scuota,
rumori familiari
tendi un agguato,
soffia nell'orecchio
bràccala all'albero
dille tre o quattro cose,
quelle giuste,
e lei sta a posto.

martedì 18 marzo 2008

ex voto (a te)



Accade
che le affinità d'anima non giungano
ai gesti e alle parole ma rimangano
effuse come un magnetismo. É raro
ma accade.

Puó darsi
che sia vera soltanto la lontananza,
vero l'oblio, vera la foglia secca
piú del fresco germoglio. Tanto e altro
puó darsi o dirsi.

Comprendo
la tua caparbia volontà di essere sempre assente
perchè solo così si manifesta
la tua magia. Innumeri le astuzie
che intendo.

Insisto
nel ricercarti nel fuscello e mai
nell'albero spiegato, mai nel pieno, sempre
nel vuoto: in quello che anche al trapano
resiste.

Era o non era
la volontà dei numi che presidiano
il tuo lontano focolare, strani
multiformi multanimi animali domestici;
fors'era così come mi pareva
o non era.

Ignoro
se la mia inesistenza appaga il tuo destino,
se la tua colma il mio che ne trabocca,
se l'innocenza é una colpa oppure
si coglie sulla soglia dei tuoi lari. Di me,
di te tutto conosco, tutto
ignoro.

(scoperta stamattina. avrei voluto fosse mia, ma è di) Eugenio Montale


la notte (porta consiglio?)

lunedì 17 marzo 2008

fuori il temporale
fulmini a illuminare

è stato il temporale del mio cuore
più o meno come stavo
cielo sereno
sento montare piano
un rumore lontano
penso: sono le macchine da fuori
e invece arriva un fulmine sui fiori
cacchio senza parole
sentivo scatenarsi la forza del motore
che tutto move e tu sia il benvenuto
dammi elettricità, dammi un saluto

sono cadute pietre di ghiaccio dal cielo
come proiettili
e facevano rumore

domenica 16 marzo 2008

temporale

il temporale appena passato ha lasciato il cielo limpido e l'aria ferma.
mi capita di desiderare di sparire e di avere bisogno di silenzio, e

devo andare
in un'altra direzione
evitare il progressivo
precipitare delle cose
ascoltare la sua voce
aprire le finestre
bere cicuta e lasciar sedimentare le scorie
devo dare un senso al corpo in cui mi muovo
prendere la scossa
devo mettere insieme le ossa
i muscoli la pelle e le correnti alterne
che creano vortici

io non sto bene da nessuna parte
nemmeno dentro il mondo a parte
che mi creo

coup de foudre




- margherita, dove corri? non vedi che sta per arrivare il temporale?

- appunto...è il momento migliore per i colpi di fulmine!!!


a mio nipote, che al momento è lungo 2,5 mm ma cresce in fretta



non so che faccia farai, vedendomi.
non so nemmeno che faccia farò io.
ma ti prenderò tra le braccia, e ti sentirò mio.
e quello che ci sarà tra noi, anche a distanza,
avrà la sua importanza.

mercoledì 12 marzo 2008

cosa mi tiene in vita


sto appesa.
è tanto che sto appesa.

a un cappio.

anzi, ora che ci penso
dovrei essere già morta,

e invece...

to smother


ci sono giorni
che l'assenza di te
mi prende alla gola
e non
respiro

prima giornata di primavera

il sole

la tiepidità

mi fanno venir voglia di

fare

tante cose

ma sto qua

incuneata

tra un bi un bà.

martedì 11 marzo 2008

alternative


catrame e rifiuti da stiva, boe e barili di petrolio arrivati a riva come delfini spiaggiati, se ne stavano mischiati a depositi di conchiglie e alghe e ossi di seppia che, fossi stato piccolo (e cioè molto prima di scoprire che montale così aveva intitolato versi, buoni da spargere sull'anima, qualora fosse stata troppo asciutta), avrei utilizzato per decorare castelli di sabbia.
in lontananza, navi enormi pulivano le cisterne con l'acqua di mare, dopo averne svuotato il contenuto al petrolchimico di brindisi, o chissà dove.
questo era la spiaggia di cerano, in un giorno caldo di gennaio del 1995.

io e paola avevavamo vent'anni e poco altro: una macchina in prestito dai miei, e un sentimento che ci univa.
eravamo gli eroi assoluti di quel pezzo di deserto.
la vita, che sentivamo scalpitare dentro alle nostre gambe, era piena di lusinghe, e ancora tutta da inventare.

alla nostra sinistra, imponente come un'aquila d'acciaio appollaiata sulla costa, la centrale a carbone più grande d'europa - quella che porta il nome di un imperatore illuminato che, ci fosse stato ancora lui, mai l'avrebbe fatta - rimandava ogni tanto spettrali rumori che si sovrapponevano agli stridii dei gabbiani.
il pezzo di costa su cui ci trovavamo, senza quel mostro verde e nero, vista dal mare, sarebbe parsa piatta e quasi tutta uguale.
bella, nella sua selvatica amarezza.
"ma tu te lo immagini lo sbarco dei turchi? non doveva essere molto diversa la terra che si trovarono davanti....diversa da come è adesso, intendo."
"ma non c'era la qui presente, all'epoca...non so, come come la vuoi chiamare questa cosa che respira accanto a noi? il grande feretro?"
"ma paola, siamo abituati alle cattedrali nel deserto...questa è la terra delle cattedrali nel deserto!"
"cattedrale non è il nome giusto, perché di sacro non c'è proprio niente in questo mostro che ha occhi e bocca e naso e braccia semoventi che prendono e mangiano gli uomini. ma lo sai che ogni tanto qualcuno ci rimane secco?"
"no, non lo so. che è questa storia?"
"c'è che l'acqua del mare, utilizzata per raffreddare gli impianti, viene aspirata e poi buttata fuori molto più calda. i pesci pare che cerchino questo calore e allora se ne stanno tutti nei dintorni del mostro. i pescatori lo sanno, e vanno lì a prendere i saraghi e le vope e i polpi nascosti tra gli scogli. una volta un subacqueo ha sbagliato orario, o forse non lo sapeva che si sarebbero aperte le fauci, ed è finito aspirato dalle pompe idrovore. il mostro lo ha risputato, dopo due giorni, lessato".

all'epoca non sapevamo che quello non sarebbe stato il peggio.
avevamo la testa piena di eroi e di torri saracene diroccate, di speranze e di poesia.
ci dicevano che a coltivare saldi principi, a comportarsi correttamente, a dare onestamente il meglio di noi, avremmo trovato un pezzo di felicità.
e noi ci credevamo ciecamente.

per poco che ne sapessi di un sentimento così complesso come l’amore, io sentivo di provarlo per quella ragazza che sedeva al mio fianco.
i suoi occhi, a raccontare, si erano stretti in fessure, e mentre parlava non smetteva di fissare il mare.
il vento le scompigliava i capelli e lei lo lasciava fare.
guardavo il suo profilo, in rilievo sullo sfondo azzurro del cielo, e in mezzo al contrasto di quei colori netti, mi sembrava ancora più bella.
le presi il viso e la baciai.
rispose con la passione che le conoscevo.
non c'era una volta che non mi avesse voluto quanto la volevo io.
finimmo per fare l'amore lì, mezzi vestiti, scostandoli giusto quel tanto che sarebbe servito, aprendo gli occhi solo a controllare che non ci fossero sguardi indiscreti, cosa comunque probabile nel mezzo di una spiaggia, pure se era gennaio.

risalendo in macchina, mi disse:
"sai, mentre facevamo l'amore, ho aperto gli occhi e c'eri tu, e il cielo sopra di te, ed era tutto così meraviglioso, il piacere che si mischiava all'odore del mare, i gabbiani volare e non fregarsene niente di noi, come fossimo stati barche rivoltate sulla spiaggia, ovvero una cosa normale, e per me era come fare l'amore con te e con tutto quel pezzo di mondo...".
quando se ne usciva così, io mi sentivo piccolo e non sapevo che dire.
le sorrisi e la baciai.
sono uno che non trova quasi mai le parole, quando si tratta di questioni emotive.
a stare sopra o sotto di lei, facevo tutt'altro genere di pensieri, legati alla sua foga, al suo desiderarmi in quel modo così assoluto che non mi era capitato di trovare in nessun'altra. mi faceva sentire indispensabile.
e poi io aspettavo ogni volta il momento in cui avrebbe rasserenato la fronte dopo che aveva raggiunto il piacere, e allora sapevo che di lì a poco avrebbe sorriso, prima ancora di riaprire gli occhi, e in quel sorriso io stavo bene.

pensavo che forse avrei potuto amarla per tutta la vita.

per tornare a casa, avevamo scelto di non percorrere le vie consuete, ma strade sterrate tra i campi, che costeggiavano il nastro trasportatore del carbone, il quale avrebbe dovuto viaggiare, per 13 km, in binari protetti e coperti...ma vedevamo coi nostri occhi che non era così.
le piante di carciofi tutt'intorno, e la strada stessa, erano coperte da una patina nerastra.
“ti sembra normale, a te, tutto questo?”
“no, per niente, ma ci saranno dei controlli, lo sapranno cosa stanno facendo, no? magari non è una cosa dannosa per la salute….”
“non so. a me viene di non mangiarli più, i carciofi…”.
“sai che sforzo….non ti sono mai piaciuti molto…”
“no, la frittata di carciofi e i carciofini sott’olio mi piacciono, eccome!” e sorrise pure con gli occhi, come le veniva naturale.
ci venne fame.

qualche anno dopo, paola si ammalò.
un cancro ai polmoni che in pochi mesi la divorò.
aveva 28 anni, non fumava e non faceva un lavoro che potesse essere definito a rischio per questo genere di malattie: era insegnante elementare.

trascorse poche settimane dal funerale, un'inchiesta portata avanti da un periodico nazionale, se ne venne fuori con la notizia che le emissioni inquinanti di cerano erano tra le più alte d'europa, e che si era registrato un consistente incremento delle incidenze tumorali, nelle provincie a ridosso del mefitico camino di oltre 200 m che spurga ossidi di azoto e che, in una terra piatta come questa, si vede a km lontano.

un bazooka puntato contro il cielo.

sono trascorsi 5 anni, e io torno ancora a quella spiaggia, sempre d'inverno, come allora.
non posso farne a meno.
non ho alternative.
mi distendo e chiudo gli occhi, e se sono fortunato e riesco a liberarmi il cervello dal ricordo del suo corpo consumato, mi sembra di sentirla, come allora, paola, viva e forte, su di me.
solo noi due, come barche rivoltate.
sto così per un tempo indefinito. forse è qualche minuto, forse di più. non ho fretta di niente.
quando riapro gli occhi, vedo il cielo, e i gabbiani. sembra tutto immutato.

l'aquila d'acciaio, a pochi metri di distanza, ancora in pieno regime di attività, spalanca le sue fauci e mi sorride.

lunedì 10 marzo 2008

taranto, 10 marzo 2008


papà perché hai preso il martello
non vedi che
non ho la forza di difendermi da te?
papà io ti amo
tu mi tenevi sempre sulle gambe
non posso credere che hai ucciso mia sorella
e sei stato veloce
è successo così rapidamente
tutto quel sangue
a me non fa paura, il sangue...
volevo fare il medico, come te.
perché mi fai questo papà?
perché hai legato la mamma al letto e lei grida
e non è un gioco?
perché hai negli occhi
uno sguardo che non riconosco?
sei tu il mio papà?
perché nessuno interviene
se sentono urlare?
perché questo menefreghismo generale?
come è possibile che ci stai uccidendo
a tutte e tre
e nessuno che venga a bussare?
papààààà
papààààààààà
ti ricordi quando mi tenevi in braccio?
ti ricordi quando mi dicevi che ero il tuo tesoro?
tu mi hai voluto e adesso tu mi uccidi
con una martellata
come se fossi una bottiglia da rompere
o avessi un chiodo bello grosso da piantare
al centro della testa
papà tienimi stretta
ora che sto per morire
io sto ferma
così fai prima
e mi faccio meno male
voglio la mamma
voglio mia sorella
se esiste un paradiso
io le rivedrò
ma a te,
papà,
a te, papà, non so....
forse ora che ti ammazzi
muore il mostro
e tu puoi venire in paradiso insieme a noi
andremo ancora insieme come un tempo
sul lungomare a vedere il tramonto.

venerdì 7 marzo 2008

milano-lecce (suicide)

mercoledì 5 marzo 2008

l'ingiusta punizione non viene dal cielo ma dagli uomini, che della grazia racchiusa in un gesto ne sanno quanto un pollo di particelle elementari.


lo splendido isolamento in cui luisa rossi si era chiusa, somigliava alla cella frigorifera di una macelleria: pezzi di carne squarciati e col sangue ormai rappreso giacevano da giorni appesi a grossi ganci ricurvi accanto a lei.
costati, lombate, guanciali, filetti, ventresche, muscoli e pericardi, lingue, cartilagini e ossa da spolpare: non le faceva nessun effetto pensare che, tolti i primi strati di pelle, siamo tutti uguali, uomini e animali.
luisa rossi, dapprincipio, al chiuso di quel luogo angusto, provò ad urlare per farsi sentire, ma nessuno nei dintorni sembrò udirla, o forse non aveva sufficiente voce in gola, o forse si era sbagliata e le era solo sembrato di gridare.
si abituò all'odore putrescente nelle nari, e provò a nutrirsi di carne gelida che succhiava come si succhiano i ghiaccioli e i cazzi duri, ma risultò indigesta.
attendeva con pazienza.
sapeva che sarebbe stata questione di tempo e poi il sangue le si sarebbe ghiacciato nelle vene impedendole il pensiero e di sentire qualsiasi sensazione e soprattutto qualsiasi sentimento, ed era proprio quello...
che aspettava.

domenica 2 marzo 2008

penelope, l'amico e l'agape



- sei pallida, non hai energie.
- tu dici?
- si, sembri sfiduciata, svuotata.
- sono stanca.
- ma c'è altro...
- be', sono anni che nessuno mi tocca.
- in che senso?
- in senso proprio.
- vai con il primo che ti capita.
- incontro solo proci. e poi non mi interessa. è altro che aspetto.
- e intanto tessi e attendi, disfi e speri.
- te ne sei accorto?
- penelope, tu porti fedeltà a un ideale.
- probabile, si. avrei dovuto arruolarmi nell'esercito, forse, ma ormai è tardi.
- se continui così ti rompo il telaio!
- provaci...

ossigeno




in un barattolo
tappato,
trasparente,
pensieri come mosche
scambiano il vetro per la libertà.

prendono la volata
e vanno a
sbattere.

questo,
finché non finisce l'ossigeno.

sabato 1 marzo 2008

neologismi


dopo aver appreso dell'esistenza di questo:
http://crewstyle.altervista.org/index.php?option=com_content&task=view&id=130&Itemid=29

piero manzoni vedrà la sua opera svalutata, le generazioni future saranno dalla più tenera età preparate a quello che le aspetta, e per me finalmente non ci saranno più giornate di merda, ma giornate di....cacù.
e oggi è una di quelle.

mercoledì 27 febbraio 2008

nella mia testa (in mancanza di ispirazione)


si, c'è la testa.
e nella testa c'è il mal di testa.
nella testa c'è tutto di me
le carezze che mi tengo in tasca
le lacrime che sono liquido potabile
nel caso dovessi avere sete nel deserto
ho una casa ordinata
nella mia testa,
5 figli per cui preparo la torta di mele
una finestra che quando la apro vedo
il cielo in campo lungo e quasi sempre il sole
c'è il mare nella mia testa
e una nuotata quotidiana pure quando è freddo
e spezzo il respiro
nella mia testa
per motivi che si possono intuire.
c'è la pazienza, nella mia testa,
e la gioia di aspettarmi
cose semplici...
e ci sei sempre tu nella mia testa
non è cambiato molto
in quel sentirti così tanto mio
nelle distanze-luce
che portano all'essenza delle cose,
quella che mi interessa di cercare.
e sembra tutto vero
nella mia testa,
e c'è una festa silenziosa,
e amore un po' per tutti
distribuito a iosa.

lunedì 25 febbraio 2008

us & them



io ho un amico sfiduciato
che ha il cuore sfracellato
ma vale più di molti
solo che lo dimentica
allora
allora...ci vogliono i pink floyd
che sono dei leoni come lui
così se lo ricorda

domenica 24 febbraio 2008

mentre tu stai da qualche parte...



si,
la domenica è arrivata
in forma di bella giornata.
a casa
lui attende di uscire
ma io no e lo faccio aspettare,
e ogni mia parola rimbalza
contro il suo muro di gomma
e ogni parola sua rimbalza contro il mio
muro di berlino non ancora sbrecciato,
allora mastichiamo
il materiale di cui è fatto il cervello
come avessimo
ognuno il proprio chewing-gum
fino a che perde il sapore di menta
dell'inizio e cambia consistenza
da non potere più fare i palloni,
perciò finisce che sputo quello che mi sento
in bocca e quello che
c'ho in testa
e mi convinco che
conviene
andare al cinema
a vedere
un film
in cui gli attori
reciteranno parti
che non siamo in grado di
interpretare:
come si fa la barba
col rasoio che può uccidere,
come si fa una torta avvelenata,
come si fa l'amore d'altri tempi
e stretti al silenzio
penseremo ognuno ai fatti propri
fino alla fine della proiezione
che è solo l'anticipo della fine
del sogno,
seccato
come si secca
la medusa trasparente e viola
che ho visto una volta
spiaggiata a lido canne
da un onda troppo forte.

fine delle parole rimbalzate
dentro al flipper,
fine della giornata,
e quando arriveranno i titoli di coda
saremo preparati
a lasciare il posto ad altri disgraziati
ché tanto tocca a loro
e va così la sera:
lui spinge per avere qualche cosa
e io perdo ogni mese sangue a vuoto
che impiegato meglio
porterebbe vita,
ma non è cosa.

venerdì 22 febbraio 2008

gallina vecchia fa?



la gallina
finché è pulcino
coltiva concrete
speranze
di volare.
quando capisce
che non è cosa
impara a fare
buon viso
a cattivo brodo

giovedì 21 febbraio 2008

sulla strada


mi metto sulla strada al mattino e
mentre cammino
mi passano accanto sciascia e borges,
passeggiano insieme, lenti e appoggiati al bastone,
e sciascia fuma una sigaretta, e prima di parlare
aspira, e mentre aspira pensa,
pause da siciliano
che qui, all'altezza di milano,
all'alba del futuro,
non sono più concesse neanche a un balbuziente
il quale, coi mezzi che ci sono
appena cura il difetto, molla il freno.
sostiamo, all'aperto, in un caffè.
borges, che visse nel quartiere di palermo,
sta spesso al ticinese, e lui sempre mi dice:
"lo so, lo so che tu ti aspetteresti di trovarmi
quantomeno nei dintorni
di corso buenos aires,
ma l'argentina
non sta tutta nel nome di una piazza,
e io se chiudo gli occhi - o pure se li apro, fa lo stesso -
non vedo niente, niente tranne l'ombra,
ma in fondo c'è una luce, e quella seguo, e ora è ferma qui".
con sciascia non riesco a parlare.
lo guardo soltanto, spio ogni sua mossa e lui
non mi fissa ma vede lo stesso la faccia che faccio a sentire le cose che dice,
e allora mi offre da fumare poi mi chiede se lo accompagno in via scaldasole
dall'antiquario che gli procura stampe e libri antichi,
e quando li vede gli brillano gli occhi, incarta il regalo.
torniamo, noi due stiamo seri,
mi porge una noce,
io gli porto il libro e gli chiedo:
"mi dici che cosa ti piace di borges?"
e lui mi risponde:
"il fatto che è cieco e continua a vedere".

già.

da b. a b.


Ho eseguito un gesto irreparabile,
ho stabilito un legame.
In questo mondo quotidiano,
che somiglia tanto
al libro delle Mille e Una Notte,
non c'e' un solo gesto che non corra il rischio
di essere un'operazione di magia,
non c'e' un solo fatto che non possa essere il primo
di una serie infinita.

Jorge Luis Borges
(estratto dalla poesia "Istanti")

mercoledì 20 febbraio 2008

delirio in corpo 11


fuori la notte mite allontana i mostri dal cuore e spinge gli aquiloni a volare come farebbero le idee compresse che poi scoppiano improvvise e simili ad artificiali fuochi di feste di paese, quando il cielo stellato e scuro si illumina a giorno e la luce si riflette dal buio sulla terra, sui marciapiedi, sui dolori, sui volti della gente con il naso all'insù, e nelle orecchie rumori che a qualcuno ricordano la guerra ma a me no, ché sono nata dopo.
una volta ho conosciuto una persona che con me fu cattiva; avevo pochi anni e volevo vendicarmi e inforcai il motorino alle due del pomeriggio di un maggio caldo e andai sotto casa sua e continuai a girare per due ore pensando a cosa avrei potuto fare se l'avessi vista uscire ma lei non uscì e a me finì la miscela per cui tornai a casa dove la rabbia poco a poco sbollì e fu lì che capì che la vendetta è un piatto che non mi interessa servire nè freddo nè caldo, tanto ci pensa il tempo a mettere le cose a posto e infatti, con il tempo, ho capito che una persona cattiva è prima di tutto una persona ferita che non è riuscita a ricucire lo strappo che i dolori generano in noi e allora hai due scelte o di stargli vicino se senti che è quello che devi fare, o mandarla affanculo e chi si è visto si è visto.
c'è gente che coltiva l'astio, il livore, l'invidia e la gelosia, così come farebbe col basilico; c'è gente che coltiva l'amore, ma non è gettonata perché di solito non fa chiasso e se ne sta tranquilla per i fatti suoi tanto che gli altri manco quasi la notano a meno che non comincia a bruciare o forse è brillare come in certi casi ho visto.
ce ne stiamo come vedove che si consolano l'un l'altra perché le donne hanno un'ottima capacità di ripresa ma ognuno su questa terra c'ha i suoi cazzi, sia chi se ne va che chi decide di restare e quando le cose vanno male forse distruggere non serve a niente se non a provocare rimpianti e sensi di colpa, mentre è sufficiente allontanarsi come quella volta in motorino.
pure c'è stato il periodo che ho rotto la porta di legno con un pugno e ho tirato giù il lampadario con tutte le perline colorate che finirono per terra. qualcuna ci sarà ancora nascosta in camera mia tra gli interstizi del pavimento, specie quello dietro l'armadio bianco coi pomi d'ottone che ho sempre odiato, e che era il mio per modo di dire, visto che dentro ci stipavano le coperte invernali i cappotti di tutti, i vestiti di mio padre quando mia madre riteneva che fossero fuori moda o le serviva spazio per i suoi, e quelli di quando eravamo bambine.
è che dalla violenza ci siamo passati tutti e io mi ricordo che gridavo ma quello che volevo era essere rispettata e non trattata come una incapace di pensare di capire di ragionare e di agire io che già a 3 dimostravo una certa maturità nel modo di fare, e forse chi ha avuto in dono la saggezza da bambina, da vecchia sarà scema, povera me.
le carezze certe volte aiutano ma poi ti accorgi che non bastano o, se pure aiutano, non c'è nessuno che te le fa e allora si vive pure senza, ma io ho questa speranza, questa speranza che non mi lascia mai e pure quando è nero lo so che finirà, bisogna abbassare la testa e aspettare che passi.
non è vero che la vita con alcuni è clemente e con altri è stronza. l'infelicità si annida dappertutto ed è con questa certezza che ogni sera mi tolgo lo smog dalla faccia e mi guardo allo specchio per quella che sono, coi segni sul viso, ma bastano gli occhi talvolta a fare un individuo, e finché riconosco i miei va tutto bene.
io non ti mollo e sto qui a qualche metro di distanza eppure non comprendo la tua arrendevolezza e quando ti fai precipitare addosso le cose senza alzare la schiena e ti dimentichi che sei un uomo di interminati spazi cervellari e questo tu lo sai ma poi te lo dimentichi oppure, come dante l'onniscente, vedi il migliore ed al peggior t'appigli, e so che in quei momenti, o forse è sempre, io per te non conto niente.

lunedì 18 febbraio 2008

keep the vampire from the door



pensavo fosse amore,
e invece era un disturbo
narcisistico
della personalità.

sabato 16 febbraio 2008

flebile




Sparirò nel cimitero di cuori infranti che ti lasci dietro, dove il mio non sarà riconoscibile tra altri crepati e fumanti, sarà più o meno uguale, eccezion fatta per un battito che è flebile, e non si fa sentire. E tu non ti voltare.

venerdì 15 febbraio 2008

a(t)tratti

la vita
mi fa schifo a(t)tratti.
per il resto,
mi piace.

giovedì 14 febbraio 2008

non festeggio

la mia fantasia se ne è andata e
ho il cuore spoglio come i rami dell'albero di fronte casa mia
del resto è inverno...
e i tuoi occhi sanno di terre da esplorare ma sono lontani
e le distanze non sono sempre colmabili
e i vuoti sono vuoti a perdere
solo ogni tanto a rendere
e le costellazioni stanno sempre lì
e l'oroscopo dice cose buone
e i puri di spirito andranno nel regno dei cieli dopo una vita d'inferno
e certe volte un gesto conta più di tante parole
e non fare un passo è peggio che farlo
e i fantasmi finché non li guardi in faccia non ti lasciano in pace
e noi siamo due stupidi
e io non c'è nessuno a cui potrei dirlo oltre che te...:
auguri.

sabato 9 febbraio 2008

certe volte

si tratta di prendere la strada
e andare
guardando soltanto la punta delle zampe
come i muli

venerdì 8 febbraio 2008

da un'altra parte

che il cielo ci prenda e ci porti
volanti tutti quanti
a fare un giro
nell'infinito azzurro
senza paracadute
e senza farci cadere
e poi dolce atterrare.

to switch?

- devi stare sotto
- devo?
- si, devi.
- (a qquai me pare ca sempre a' mmìe me tocca...)

giovedì 7 febbraio 2008

johnson (no more tears)

vorrei sciogliermi in lacrime e finire così,
colando su me stessa
e
scen
den
do
a
partire
da_
gli occhi...

ma...

mercoledì 6 febbraio 2008

fottuta (navigare a vista)



non riesco a stare senza te.
perdonami amore
perdonami per il bisogno che ho.
non mi vergogno a dirtelo.
cosa altro mi resta?
cosa altro mi importa?
uno scrittore dovrebbe preoccuparsi del lettore,
ma io è di te che mi curo.


fino a che il bianco non cambia colore,
fino a che le seggiole non recuperano la loro funzione originale,
fino a che gli angeli non si accorgono di noi.

a conclusione di una giornata come un'altra....


forse c'è un prezzo da pagare.
forse...
non lo so.
adesso però...stiamo in silenzio.

domenica 3 febbraio 2008

tra bestie


dovrebbe essere questione d'istinto.

l'amore va trasudato



tu dici che temo le fiamme
a me che sono la tigre
che passa la vita a saltare nel cerchio di fuoco...
ti hanno soddisfatto
la pelle bruciata,
il petto palpitante
un ghigno-sorriso acceso per te
gli occhi, i nostri,
da non dimenticare,
la commistione di spiriti animali
sentirti attraverso,
le zampate sul petto
la fedeltà assoluta e
quei ruggiti all'orecchio?
non mi pare...
tu dici che temo le fiamme?
ero pronta a brillare per te.
tu hai tamponato con coperte di lana
un fuoco che bastava toccarlo...
e più ti allontanavi e più bruciava
ma non ti sei fermato e
ancora adesso non sai nemmeno
se mi chiamo lola o porto il nome
di un monaco indiano morto 400 anni fa,
mentre io ti conosco a menadito
e so chi, da sparta,
ha posto a sua difesa una falange oplitica,
che in ogni scudo porta impresso il tuo volto,
considerando il tutto, più o meno ingenuamente,
come un particolare insignificante,
un avamposto facilmente superabile
per una senzabranco come me...
...ma si sbagliava.

sabato 2 febbraio 2008

nadia



ogni tanto ti penso.
chissà se hai chiarito i tuoi dubbi, adesso,
o ancora ti incazzi
per come vanno le cose...

la cosa peggiore che possa capitare quando cade il mondo addosso, è di rimanere lucidi

io con questo sentimento vivido
mentre mi muore in mano...

nella mela



vasti orizzonti e
ampi margini di schiarita.

special thanks to:
chi so io...:-)

vuoto


pensavo sarebbe
stato
più simile a uno
strappo
e invece,

scivola
lento.

giovedì 31 gennaio 2008

in mancanza di fatti che dimostrino il contrario...



l'umanità
sta perdendo di senso
a una velocità spaventosa

mercoledì 30 gennaio 2008

sud


sono sempre figlia tua.

lunedì 28 gennaio 2008

unpolitically correct



quando troverai un'altra,
sarà bruttissima.
si, la troverai, e sarà bassissima.
una che a baciarti la bocca deve prendersi lo sgabello
ma a succhiarti il cazzo ci arriva giusta.
quando troverai un'altra,
avrà lo strabismo di venere accentuato,
e tu non saprai mai se sta guardando te o la campagna intorno.
presto troverai un'altra, e
forse userai le stesse parole che dicevi a me,
ma lei non le capirà, perché sarà completamente tonta,
sarà la a-neuronica dei tuoi sogni,
e tu potrai suonarle il cavaquinho
guardandola strabico negli occhi,
ma lei potrà soltanto ricambiarti
con quello sguardo offeso,
perché intanto è anche sorda,
terribilmente sorda,
e quella sera ha dimenticato l'amplifon a casa.
sicuramente troverai un'altra,
vuoi che uno come te non trovi subito un'altra?
la troverai, si, la troverai.
avrà una voce stridente che incanterà il serpente
quello tra le mutande, si capisce.
e sarà così bella nell'insieme
da essere orribile in ogni particolare
avrà braccia anoressiche e pelle polare
e tu ti chiederai come è possibile che possa accadere...
che ciò che appare nell'insieme di bella fattura
a guardarlo nei dettagli è macerie?
com'è?
com'è?


è la stessa cosa di quando stai sul tram e fissi un punto invisibile tutto il tempo e pensi a cose serie ma la maggior parte delle volte a cazzate, e ti perdi ti perdi in questo punto invisibile di cazzate eludendone pure il senso iniziale, pensi a cose tipo quanto è intenso quel rosso oppure che bello precipitare oppure quale coltello devo usare oppure stai buona bestia sto facendo l'amore, oppure ho le bollette da pagare oppure quale sia il mare più profondo in cui affogare......e finisci per bearti così a lungo, che dovevi scendere due fermate fa.

domenica 27 gennaio 2008

jazz (sono una figlia di paragnosta)



mollo il colpo
e me ne vado.
un anno e mezzo per capire
che le dinamiche tue
sono tre o quattro,
solo,
ripetute all'infinito...
e che,
di me,
non hai
capito
un
cazzo.

venerdì 25 gennaio 2008

abbraccia la croce



l'odore di zolfo
non è solamente il fiammifero
quando lo accendi

resta qua


ho più di un buon motivo
per credere
che
disponiamo di
energia sufficiente
ad azionare
sottili braccia
retrattili
le quali,
dirigendo al
polmone d'acciaio,
siano in grado di
avviare
il meccanismo
preposto a regolare
la fuoriuscita
dell'aria
dalla macchina,

(e allora tireremo
un sospiro di sollievo.
forse).

mercoledì 23 gennaio 2008

romanzo popolare



venuto prima di "romanzo criminale", "romanzo popolare" è un bel film di mario monicelli, girato nel 1974 e interpreto da ugo tognazzi, ornella muti, michele placido.
testi e musiche di enzo jannacci e beppe viola (uno dei pochi in grado di elevare il commento sportivo a esercizio di stile, quantomeno retorico).



Vincenzina davanti alla fabbrica,
Vincenzina il foulard non si mette più.
Una faccia davanti al cancello che si apre già.
Vincenzina hai guardato la fabbrica,
come se non c'è altro che fabbrica
e hai sentito anche odor di pulito
e la fatica è dentro là...
Zero a zero anche ieri 'sto Milan qui,
sto Rivera che ormai non mi segna più,
che tristezza, il padrone non c'ha neanche 'sti problemi qua.
Vincenzina davanti alla fabbrica,
Vincenzina vuol bene alla fabbrica,
e non sa che la vita giù in fabbrica
non c'è, se c'è com'è ?

lunedì 21 gennaio 2008

lux a n. y.



tu che puoi
che sai come fare
arriva a riscaldare dal di dentro
il loro cuore stanco ma non spento,
sorgi anzitempo
a smuovere il ghiaccio dal cemento
rilassa gli stomaci ulcerati
fai ritrovare il gusto
libera i pesci dall'acquario angusto
poi secca le ferite,
fai crescere i capelli
coi raggi tuoi di luce prolungata,
schiaccia gli scarafaggi nelle vene,
riscatta dalla febbre e dalle pene.

tu solo puoi far questo,
tu che non hai una voce,
eppure quando arrivi
è come udire
un rullo di tamburi sovrumano
che fa scappare i topi sottoterra
e richiamare gli angeli lontano.

domenica 20 gennaio 2008

pudicizia e disinganno (nella distanza di pietra il tuo sguardo eterno m'è dato)



il velo da cui guardo
mi lascia nuda,
ma pure se altri vedono,
rimango attraversabile da te,
da te soltanto.



tu sei di fronte a me,
e la tua rete è pesa.
le maglie elaborate che ti vestono
diventano di acciaio,
comprimono, schiacciandolo, lo spirito.
e vedo nello sguardo a me rivolto,
l'antichità di quella sofferenza.

ma per volere di un'arte o di un incanto,
davanti a me rinasci come nuovo,
esci dal mare, sorgi dalle acque,
e io che sono stata tua per poco
sarò per te per sempre,
così come mi vedi:
nuda all'altezza dei nostri occhi petri,
e puro tu, nell'atto di affrancarti.

sabato 19 gennaio 2008

l'inceneritore di napoli (alle città ferite)



domani,
sotto il vulcano,
prima che esploda,
tu dammi la mano.

mercoledì 16 gennaio 2008

il vento scava le montagne sollevando polvere di conchiglie che poi restituisce al mare


è ignoto alle più avanzate scoperte della fisica
come ti muovi tu dentro di me,
eppure...
quella è ritenuta scienza esatta,
e il tuo attraversarmi è cosa certa.

lunedì 14 gennaio 2008

caramel (scene da un film)


la prima volta che la vide entrare, notò nel suo viso qualcosa che accendeva, e si sentì di paglia
- desidera?
- uno shampoo.
le lavò la testa con la stessa devozione con cui la maddalena, durante la cena a casa di simone il fariseo, asciugò (con capelli certamente simili), i piedi a gesù.
massaggiò a lungo il capo.
si passava tra le dita le ciocche, accarezzandole; avanzava coi polpastrelli lungo le curve del suo cranio, scoprendolo perfetto. non riusciva a staccarne le mani.
lei stava con gli occhi chiusi e una espressione estatica sul viso che la faceva ancora più bella, se possibile.
ogni tanto sollevava le palpebre puntandole addosso due fari che erano come raggi X e l'altra in quei momenti non sapeva cosa fare, se non fingere indifferenza continuando a ungere di balsamo profumato i tentacoli di piovra corvina che sempre più sembravano risucchiarla in un vortice il quale, partendo dallo scarico del lavandino, finiva nelle profondità del mare, ove trovava lei vestita da sirena.
fu lo shampoo più lungo e accurato che si fosse mai visto in quel salone di bellezza di beirut.
i capelli rispondevano alle cure ricevute con docilità, e tutto l'ambiente ne risentì positivamente. il ficus poggiato sul trespolo e agonizzante da due mesi rinverdì, e il neon intermittente dell'insegna riprese a funzionare come doveva.

lei tornò ogni settimana, per molti anni ancora.

domenica 13 gennaio 2008

lettera di una statuetta d'avorio al suo elefante imbalsamato per celebrare i tempi che furono e quelli che li aspettano.


non dipende da chi frequento, ma da me: se pure una serata piacevole trascorsa tra amici lascia un buon ricordo, due a breve distanza già mi seccano, e tre faccio fatica a reggerle.
non valgono quanto la soddisfazione che regala all'anima mia mezza pagina scritta bene, o la disperazione di una giornata in cui le parole non vengono e dentro si forma un groppo che lì rimane fino a quando non trovo il modo di metterlo nero su bianco.
così non si vive, e facciamo del male a chi ci sta attorno...presenti/assenti, sempre con la mente altrove, e gli altri se ne accorgono.
tornare a casa a fare il topo davanti a uno schermo, questo è.

mi piacerebbe avere ambizioni come la maggior parte: un matrimonio, dei figli, una casa, le vacanze, preparare la cena, scegliere cosa guardare in tv, fare compere assieme...in fondo sono stata educata a questo.
ma nel momento stesso in cui lo penso, so che non mi toccherà in sorte, forse perché non ne sarei capace.
io sono la schiava di chi mi lascia libera.
la scrittura mi lascia libera.
tu, poi, non ne parliamo...

mi trovo a leggere le lettere di Flaubert a Louise Colet, e nelle corrispondenze c'è la sua poetica e il rapporto totalitario con la scrittura, prima che la relazione con la donna. lettere bellissime e veementi, molto dettagliate e in cui mi specchio.
ma, seppure la malattia sia la stessa, il punto di partenza suo è l'arte per l'arte, il mio sono gli uomini.
è loro che cerco di comprendere e descrivere: l'animo umano e i misteri che lo regolano. in una forma decente, certo, e guidata sempre dalla compassione (in senso etimologico) che regola l'amore, perché conosco dove arriva lo spiegamento della sua potenza, pure se romantica non sono.
eppure ho pochi scritti che possano definirsi in sé compiuti...
e mi addolora, perché penso che rincorro qualcosa di cui non sono capace.
ma sto sempre qui, come il calciatore agli allenamenti, consapevole che pure i più talentuosi devono perfezionare la tecnica, figuriamoci io; sto qui come il giardiniere che ogni giorno cura le piante per vederle belle e rigogliose; sto qui togliendo tempo al sonno e a chi mi vuole bene; sto qui come l'uomo di fede che sappia che, pure se incrollabile, questa quotidianamente va nutrita.

sento che senza Dio soprattutto sarei persa.
immagino che Dante pregasse prima di scrivere e chiedesse a quello di illuminarlo, e quello lo illuminava.
a me mi illumina talvolta.

vorrei soltanto addormentare gli impulsi e narcotizzare la carne.
non sentire la necessità di una carezza o di scosse fin dentro le viscere, abituarmi all'assenza di tenerezza.
anni trascorsi senza la presenza materica di un amore vicino e corrisposto, perché probabilmente non sarei capace di farmelo bastare.
e per questo, negate mi sono le attenzione che vengono elargite in abbondanza a un qualsiasi gatto domestico.
e mi viene da chiederGli perché mi abbia generata così carnale, così bisognosa di tangibile, se poi questo non mi è dato.

oggi è una giornata umida e non voglio uscire, ma di luce e aria avrei bisogno.
non quella irrespirabile di questa città.
vorrei venire a guardare la collina che guardi tu, le strade irregolari che la solcano, il verde che la ricopre.
vorrei starti accanto paga solo della vicinanza, tenerti la mano stretta da poterne ricordare la consistenza e il calore,
perdermi nei tuoi occhi come colui che dopo un lungo viaggio veda in lontananza profilarsi la meta e in quella apparizione trovi il senso della sua fatica, più che nel raggiungerla.
vorrei baciarti di un bacio lungo che ci veda fusi rotolare all'incontrario, e dopo andare via, come è scritto nelle cose, consapevole che è questo allontanarci, ciò che non ci farà perdere. pure se non è detto, amore mio.

sabato 12 gennaio 2008

la sottigliezza della tua pelle candida a confronto con la mia...



le pareti di questa stanza
trasudano
il sangue che non ti hanno lavato
dalle labbra.

io devo scoprire a una a una le tue ferite
prima di passarci la bocca,
e questo richiede tempo e dedizione.

e allora c'è prima il dolore e poi il piacere...
ma solo perché il piacere è più profondo.

alma mater


La Madonna del Rosario è una statua lignea della fine dell’ottocento raffigurante la madre con in braccio il bambino. Entrambi porgono le mani e tra le dita hanno i rosari. Il bambino è quasi nudo. La Madonna invece indossa un bellissimo mantello di broccato, oro dentro e azzurro stellato fuori, double-face, probabilmente. Giovanna è inginocchiata ai suoi piedi. Accende una candela e la pone alla sua vista. Non dice niente, ma quella comprende lo stesso.
Le capita di piangere. Quando lo fa, è buon segno, perché vuol dire che il dolore diventa acqua salina e poi vapore, e non rimane dentro a fare il cancro.
La Madonna, d’altro canto, esalando la sua grazie mite di sovrana indiscussa della volta celeste, riesce a guardare Giovanna dritta negli occhi anche da quella posizione di piedistallo, e le due conversano così, a sguardi e trasmissione di pensiero, circa tre volte a settimana.

venerdì 11 gennaio 2008

e finalmente, come volevi tu, sto impazzendo, amore mio.


le parole sono:

"Caro amore,
mi accetti o no come tuo modesto compagno per sempre?
In ogni caso perdona tesoro.
Voglio rivederti.
E basta colla inutile sofferenza ora e poi. (...)".

Dino a Sibilla, 21 marzo 1917

lui non amò mai più.
lei , poiché gli sopravvisse a lungo, fece finta.

giovedì 10 gennaio 2008

il finto felice


il finto felice non è un pessimista.
lui crede sinceramente alla felicità, ma a quella degli altri.
riguardo alla sua, ci ha messo una pietra sopra.
non da subito, certo. per un po' ci ha provato a cercarla...magari per anni.
ma è successo sempre qualcosa che lo ha fatto ricredere, e allora il finto/felice si è convinto che è meglio ignorarla e fare finta di niente, ché tanto per lui non è cosa.
il finto/felice è sempre molto simpatico quando sta con gli altri.
lui pensa che non sia giusto ammorbare la gente coi propri problemi e allora ha allenato i muscoli facciali che all'uopo prendono la forma che si confà a un felice.
per un poco si diverte e diverte.
ma essendo un finto/felice non riesce a reggere a lungo in quella posa per lui insolita, così si ritira nella sua tana (tutti i finti/felici hanno una tana) dove può assecondare la sua natura e tornare a esser serio e pensoso, stato d'animo che più si confà a un finto/felice.
a guardarlo negli occhi, nel profondo più fondo, il finto/felice si vede che felice non è...ma lo maschera bene, e non tutti sono in grado di accorgersene.
alla maggior parte della gente, il finto/felice la dà a bere.
"davvero brillante il felice". "si, una gran bella persona....lo invitiamo di nuovo?" " ma certo!"
e il finto/felice quando sente così ha voglia di scapparsene a gambe levate "lontano, signori, lontano...forse non mi rivedrete più".
ha indole solitaria, ma ogni tanto un finto/felice incontra un altro finto/felice, e allora entrambi tirano un sospiro di sollievo, ché per una volta non hanno bisogno di fingere, perché si riconoscono dallo sguardo e senza parlare.
magari si piacciono, ma stanno sempre sul chi va là e pronti ad andarsene, che alla felicità, l'ho già detto, ci hanno messo una pietra sopra.
ma proprio perché hanno poco o niente da perdere, ma per fortuna qualcosa in cui, per istinto, credere, ci sono casi in cui rimangono vicini pure se a distanza di sicurezza.
allora si crea quello strano legame per cui due finti/felici insieme fanno una mezza felicità, che non essendo felicità piena, entrambi trovano tollerabile, e quindi se la fanno bastare, finendo così per essere felici pure se sono mezzi felici.
l'importante è che non ne abbiano consapevolezza, o potrebbero scappare, non per cattiveria, ma perché la felicità, a loro, non gli ha mai portato bene.

chiara o il mandorlo in fiore



chiara somiglia a un mandorlo in fiore.
come l'albero, è bello a vedersi e profuma.
come l'albero, resiste all'inverno e protegge le gemme
come sa e come riesce, e lo fa per i frutti.
come l'albero, chiara sorride.
e non sempre è un sorriso felice.
a volte è un sorriso che se la racconta...
qualcosa che dica
che esiste un pezzetto di cielo per ognuno di noi,
ed è quello che importa trovare.
chiara ha giorni di allegra famiglia felice
e attenzioni per tutti
ma non tutti sono attenti a lei,
così chiara provvede da sola
e se piange lo fa di nascosto,
non la vede nessuno,
ma se inciampa sa come rialzarsi.
chiara sa che il coraggio
non sta nell'eroe che combatte la guerra,
ma che serve coraggio a trovare ogni giorno
qualcosa di buono.
come l'albero, chiara lo fa...