mercoledì 20 febbraio 2008

delirio in corpo 11


fuori la notte mite allontana i mostri dal cuore e spinge gli aquiloni a volare come farebbero le idee compresse che poi scoppiano improvvise e simili ad artificiali fuochi di feste di paese, quando il cielo stellato e scuro si illumina a giorno e la luce si riflette dal buio sulla terra, sui marciapiedi, sui dolori, sui volti della gente con il naso all'insù, e nelle orecchie rumori che a qualcuno ricordano la guerra ma a me no, ché sono nata dopo.
una volta ho conosciuto una persona che con me fu cattiva; avevo pochi anni e volevo vendicarmi e inforcai il motorino alle due del pomeriggio di un maggio caldo e andai sotto casa sua e continuai a girare per due ore pensando a cosa avrei potuto fare se l'avessi vista uscire ma lei non uscì e a me finì la miscela per cui tornai a casa dove la rabbia poco a poco sbollì e fu lì che capì che la vendetta è un piatto che non mi interessa servire nè freddo nè caldo, tanto ci pensa il tempo a mettere le cose a posto e infatti, con il tempo, ho capito che una persona cattiva è prima di tutto una persona ferita che non è riuscita a ricucire lo strappo che i dolori generano in noi e allora hai due scelte o di stargli vicino se senti che è quello che devi fare, o mandarla affanculo e chi si è visto si è visto.
c'è gente che coltiva l'astio, il livore, l'invidia e la gelosia, così come farebbe col basilico; c'è gente che coltiva l'amore, ma non è gettonata perché di solito non fa chiasso e se ne sta tranquilla per i fatti suoi tanto che gli altri manco quasi la notano a meno che non comincia a bruciare o forse è brillare come in certi casi ho visto.
ce ne stiamo come vedove che si consolano l'un l'altra perché le donne hanno un'ottima capacità di ripresa ma ognuno su questa terra c'ha i suoi cazzi, sia chi se ne va che chi decide di restare e quando le cose vanno male forse distruggere non serve a niente se non a provocare rimpianti e sensi di colpa, mentre è sufficiente allontanarsi come quella volta in motorino.
pure c'è stato il periodo che ho rotto la porta di legno con un pugno e ho tirato giù il lampadario con tutte le perline colorate che finirono per terra. qualcuna ci sarà ancora nascosta in camera mia tra gli interstizi del pavimento, specie quello dietro l'armadio bianco coi pomi d'ottone che ho sempre odiato, e che era il mio per modo di dire, visto che dentro ci stipavano le coperte invernali i cappotti di tutti, i vestiti di mio padre quando mia madre riteneva che fossero fuori moda o le serviva spazio per i suoi, e quelli di quando eravamo bambine.
è che dalla violenza ci siamo passati tutti e io mi ricordo che gridavo ma quello che volevo era essere rispettata e non trattata come una incapace di pensare di capire di ragionare e di agire io che già a 3 dimostravo una certa maturità nel modo di fare, e forse chi ha avuto in dono la saggezza da bambina, da vecchia sarà scema, povera me.
le carezze certe volte aiutano ma poi ti accorgi che non bastano o, se pure aiutano, non c'è nessuno che te le fa e allora si vive pure senza, ma io ho questa speranza, questa speranza che non mi lascia mai e pure quando è nero lo so che finirà, bisogna abbassare la testa e aspettare che passi.
non è vero che la vita con alcuni è clemente e con altri è stronza. l'infelicità si annida dappertutto ed è con questa certezza che ogni sera mi tolgo lo smog dalla faccia e mi guardo allo specchio per quella che sono, coi segni sul viso, ma bastano gli occhi talvolta a fare un individuo, e finché riconosco i miei va tutto bene.
io non ti mollo e sto qui a qualche metro di distanza eppure non comprendo la tua arrendevolezza e quando ti fai precipitare addosso le cose senza alzare la schiena e ti dimentichi che sei un uomo di interminati spazi cervellari e questo tu lo sai ma poi te lo dimentichi oppure, come dante l'onniscente, vedi il migliore ed al peggior t'appigli, e so che in quei momenti, o forse è sempre, io per te non conto niente.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Continuiamo a guardarci negli occhi, dentro ma proprio dentro ,dico...